Test per le determinazione di Micotossine negli alimenti

La presenza di Micotossine negli alimenti e nei mangimi può essere nociva per la salute umana e degli animali poiché può causare effetti avversi di vario tipo, come il cancro e la mutagenicità, disturbi a livello ormonale, gastrointestinale e renale. Alcune micotossine sono inoltre immunosoppressive e riducono la resistenza alle malattie infettive.

Le Micotossine rappresentano un fattore di rischio alimentare poco conosciuto e forse sottovalutato. La loro presenza negli alimenti può essere notevolmente contenuta migliorando la sanità dei mangimi. L’industria mangimistica considera come materie prime proprio quei prodotti finiti dell’agricoltura che sono a maggior rischio di contaminazione come mais, grano, orzo, soia, etc. e dai prodotti secondari che hanno un alto valore biologico per l’alimentazione degli animali (prodotti dell’estrazione degli oli dai semi oleosi quali farina di arachidi, di girasole, di soia, di mais, etc.).
Per quanto concerne il rischio tossicologico associato all’ingestione di cibo contaminato da micotossine, in molti paesi sono state emanate apposite leggi che fissano i livelli massimi di contaminazione da aflatossine dei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale. Purtroppo, solo in pochi paesi sono previsti dei limiti anche per le altre micotossine (ocratossina, patulina, zearalenone, deossinivalenolo, fumonisine B1-B2, tossina T2). Pertanto è auspicabile che tutte le nazioni fissino in modo univoco i limiti di tolleranza per le micotossine di indubbia pericolosità per la salute umana e animale.

Le Aflatossine, ritenute a ragione le micotossine per eccellenza, sono state oggetto delle ricerche più approfondite e ancora oggi destano le maggiori preoccupazioni in quanto contaminanti dell’alimentazione soprattutto nelle fasce tropicali dove le caratteristiche del clima e la pressochè totale assenza di refrigerazione, facilitano la crescita delle muffe produttrici.

Gli Zearalenoni sono stati ritrovati negli alimenti di origine vegetale, come contaminanti naturali. Lo zearalenone è un lattone dell’acido resorcilico non dotato di tossicità acuta che a basse concentrazioni manifesta attività anabolica e uterotrofica, mentre a concentrazioni più alte determina attività di tipo estrogeno. Le specie animali più sensibili all’azione della tossina sono quella bovina e, soprattutto, quella suina in cui provoca ipofertilità già a partire da concentrazioni di zearalenone nella razione alimentare di 10 ppb e segni di iperestrogenismo (tumefazioni e arrossamento della vulva, iperplasia della ghiandola mammaria, estro prolungato) a concentrazioni non inferiori a 1-5 ppm. Si possono osservare, inoltre, vaginiti, ridotta assunzione degli alimenti, ridotta produzione di latte, blocco dell’ovulazione e aborti e, persino, ninfomanie (a dosi più elevate). Dati recenti indicherebbero un’attività cancerogena dell zearalenone (aumento nel topo di tumori ipofisari e epatici), nonché un suo passaggio nel latte.
I prodotti più soggetti alla colonizzazione di specie tossigene di Fusarium e all’accumulo di zearalenone sono essenzialmente i cereali e, in paricolare, il mais, il frumento, il sorgo, l’orzo e l’avena. In Italia la tossina si trova con relativa frequenza sia nel mais di produzione nazionale sia in quello importato (ex Iugoslavia, Argentina, USA).

Le Ocratossine (OA e OB) sono un gruppo di metaboliti prodotti da funghi del genere Aspergillus e Penicillium e portano alla formazione di intermedi metabolicamente attivi probabilmente responsabili dell’azione cancerogena e di altri effetti tossici. Il suo assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale e, attraverso la circolazione entero-epatica, può essere escreta e riassorbita. Nel sangue l’OA è legata alla frazione albuminica delle proteine e questa sembra essere la motivazione per cui questa micotossina permane per tempi lunghi nell’organismo animale. Il principale organo bersaglio dell’OA è il rene, ma per dosi sufficientemente elevate si ha tossicità anche a livello epatico con infiltrazione grassa e accumulo di glicogeno negli epatociti (per blocco del sistema enzimatico delle fosforilasi). La somministrazione di una singola forte dose provoca una diarrea grave e la morte dell’animale, con gli ovvi effetti sul rene. Le stesse alterazioni si osservano anche in altre specie animali. Tra i prodotti che con più frequenza vengono trovati contaminati vi sono l’orzo, il sorgo, il mais, diversi legumi, il caffè crudo in grani (la tostatura denatura le ocratossine) e vari prodotti da forno; ma più preoccupante è la presenza di OA nei mangimi. Il comitato scientifico per l’alimentazione umana (SFC o Scientific Committee for Food) ha recentemente tratto la conclusione che per l’OA l’esposizione giornaliera non dovrebbe essere superiore a valori di pochi ng/Kg peso corporeo/giorno. Tra i principali metodi di analisi utilizzati per la rivelazione dell’OA ricordiamo l’ELISA.

Le Fumonisine sono caratterizzati da una struttura molto simile a quella della sfingosina precursore chimico di tutti gli sfingolipidi che esplica un importante ruolo in numerose funzioni cellulari, a livello di crescita, di differenziazione cellulare e di trasmissione degli impulsi nel sistema nervoso. Anche le fumonisine, come la gran parte delle altre micotossine, sono dotate di una non trascurabile termostabilità. La potente azione inibente delle fumonisine sulla sintesi degli sfingolipidi sembra essere alla base degli effetti tossici provocati da queste sostanze e della loro attività cancerogena per perdita da parte della sfingosina della funzione di agente antitumorale endogeno. Gli studi condotti su queste micotossine hanno evidenziato una tossicità molto differente nelle diverse specie animali. Le fumonisine sono anche epatotossiche, come dimostrato dalle epatosi acute e dal carcinoma epatocellulare indotti nei ratti a seguito della somministrazione di queste tossine. Sempre nei ratti esse esplicano anche azione nefrotossica con la comparsa di diverse alterazioni quali l’interruzione della membrana basocellulare, rigonfiamento mitocondriale e comparsa di cellule con citoplasma opaco. Inoltre danneggiano il sistema immunitario e nelle anatre e nei suini provocano edema polmonare. Taluni autori hanno descritto un’azione tossica della fumonisina B1 a livello del muscolo cardiaco e, in particolari prove sperimentali effettuate sulla rana, hanno evidenziato un blocco nel flusso degli ioni calcio, con conseguente arresto dell’attività cardiaca. Anche per l’uomo ci sono indizi di cancerogenicità; in particolare, il consumo di cereali contaminati da fumonisina potrebbe essere all’origine di un’elevata incidenza di cancro all’esofago in certe zone del Sud-Africa, della Cina e forse anche del Nord-Est d’Italia.


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